CUCINA SONORA: UN DIALOGO TRA PIANOFORTE ED ELETTRONICA

L'intervista al compositore Pietro Spinelli dopo la premiere live di "Notte"

by Ricky FK

 

Pietro Spinelli a poche ore dal successo della premiere live del suo ultimo album risponde a qualche nostra domanda, considerando tutti gli impegni che ha in questo momento la prima cosa che ci sentiamo di dire è un grazie sincero. Session man e turnista con Rkomi ed Elasi e un tour che sta per partire con il progetto Cucina Sonora, Pietro non smette mai di dialogare con i tasti del pianoforte, così è dai giorni del Conservatorio fino alle nelle notti passate a comporre i suoi pezzi. Nel suo secondo album “Notte” ci sono cinque anni di lavoro e insieme a lui andiamo a parlare di luoghi fisici e della mente dove tutto è nato.

 

 

Cominciamo dagli studi al conservatorio. Ripensandoci, com’è stato quel periodo ? L’idea di contaminazione del pianoforte con l’elettronica era già nei tuoi pensieri ?

Quello del Conservatorio non è stato un periodo, sono stati tanti periodi. Alla fine in 10 anni si può cambiare diverse volte. Sono entrato li dentro che ero la pecora nera per eccellenza. Cresta punk e Globe ai piedi. I primi 5 anni credevo di essere li perchè in qualche modo dovevo scontare una pena. Poi ho fatto pace con me stesso e con quell’ambiente li e ho capito che volendo Pennywise, Beethoven e Jon Hopkins potevano anche convivere nella stessa persona, allora ho iniziato ad apprezzare quel mondo quando ero lì e ringrazio chi mi ci ha spinto, perchè alla fine è un bel valore aggiunto se uno sa giocarselo bene. L’idea di contaminazione con l’elettronica è arrivata verso la fine del conservatorio, quando ho iniziato a chiedermi “ma quando finisco qui cosa faccio?”. Avevo già spaziato un po’ di generi, la classica, nonostante l’amore, mi aveva oggettivamente saturato, e così ho visto nell’elettronica una via alternativa di concepire la musica, la fase primordiale della scrittura, dove prima di pensare a melodia e armonia si pensa proprio alla costruzione e creazione del suono. Questa cosa mi ha affascinato sin da subito e mi affascina tutt’ora. L’idea di creare un suono da 0 dopo aver passato 20 anni ad usare il “preset” di Bartolomeo Cristofori (inventore del pianoforte) mi ha letteralmente aperto occhi e orecchie. Ovviamente non posso rinnegare il mondo da cui vengo, ma non rinuncio mai a un cambiamento, mi piace rischiare.

Rispetto all’inizio ci sembra di capire che stai dedicando molto più spazio alla parte elettronica nelle tracce. Dal primo EP “Cucina Sonora” passando per “Evasione” fino all’ultimo album “Notte” come si sono evoluti i processi di scrittura e composizione?

Alcuni aspetti sono rimasti identici, ovvero inizio sempre a scrivere di getto, da una sensazione, da un movimento spontaneo della mano sul piano, non ci ragiono su troppo. Allo stesso tempo cerco sempre di rimettermi in gioco, (mi stanco facilmente purtroppo) quindi se nel primo EP e nel primo album ho dato la priorità al piano, in questo album qua ho cercato di curare molto di più l’aspetto elettronico. Sul primo disco non avevo le capacità e le conoscenze per spingermi troppo in là facendo un lavoro che mi piacesse, inoltre qua volevo dare la priorità all’elettronica proprio per mettermi in gioco in un mondo nuovo. Se nel primo album c’ho provato, anche se a tratti elettronica e pianoforte proprio sono scollati, in questo album qua ho cercato di curare ogni singolo suono da solo, cercando di rappresentare una storia, un ambiente, un’atmosfera più con le sonorità che con le linee melodiche.

 

 

Firenze, Berlino, Milano ogni città ti è servita per fissare un punto d’arrivo, un crescendo “musicale” ? Cosa ti manca delle prime due e cosa ti aspetti ancora da Milano… e c’è una città dove vorresti fermarti in futuro ?

 

Assolutamente si, in ogni città ho scoperto nuovi modi di vivere, di affrontare la giornata, la musica il lavoro. Tutte robe che mi hanno insegnato molto e che mi porto sempre dietro. Anche se oggi faccio il “milanese” non perdo la tenacia nell’affrontare giornate grigie e toste come a Berlino o a mi trattengo a lasciarmi andare come se fossimo nel cortile del DAMS a una festa universitaria a Firenze. Le città che ho vissuto hanno formato in gran parte la mia personalità e ne fanno tutt’ora parte. Di Berlino mi mancano i locali, quelli veri underground che solo un berliner conosce, non il berghain o quelle robe la. Mi mancano le performance assurde che ho visto in 3 anni che non sono nemmeno descrivibile. Di Firenze mi manca il calore della città, della gente, delle prime amicizie fuori da casa mia, l’università e tutto quel mondo di quando inizi ad essere “grande”. Milano mi sta dando molto e sono felice di essere qui adesso. Mi aspetto solo di andare avanti il più possibile, faccio quello che ho sempre sognato di fare, posso solo continuare a farlo. Prossima città non lo so, ma sicuramente prima o poi vorrei tornare a casa, è l’unico posto dove riesco a staccare da tutto. Che poi è il motivo per cui me ne sono andato da li.

 

Essendo impegnato anche con i tour di Rkomi ed Elasi come riesci a gestire gli impegni live di Cucina Sonora, puoi già svelarci qualche data del tour ? A proposito, com’è andata la premiere live all’Apollo di Milano ? Come ti è sembrato l’album alla sua prima uscita dal vivo ?

 

Dormendo sempre meno e sfruttando ogni momento per lavorare. Anche adesso sto scrivendo dai camerini del Teatro Geox in attesa di fare il soundcheck con Rkomi. Alla fine se le cose si vogliono fare il modo e il tempo si trovano sempre, basta stringere un po’. Ho qualche data in giro per l’italia, posso dirvi che sarò di nuovo con Le Cannibale per una data pazzesca questa estate, ma ancora non abbiamo annunciato niente, non vedo l’ora di dirvele tutte. La Premiere è stata pazzesca, il locale scoppiava di gente e ho ricevuto un sacco di affetto. È stato bello perchè ogni volta che suono davanti a un pubblico nuovo all’inizio c’è sempre questa specie di distacco che si scioglie brano per brano, per finire a ballare tutti insieme sotto palco. Quando arrivi alla fine, dopo un’ora a guardarsi negli occhi sembra che si instauri un rapporto di fiducia e amicizia col pubblico indissolubile, andrei avanti per ora con quella sensazione addosso.

 

Le notti di Pietro Spinelli come sono state in questi 5 anni che separano i tuoi due album? Quanto di questo album è stato realizzato in sessioni notturne e quale delle 11 tracce hai più a cuore e più di altre ti rappresenta.

 

La scrittura di questo album è avvenuta in modo molto dilatato, alcune tracce hanno letteralmente 5 anni, altre sono state scritte negli ultimi mesi, però non ho mai perso il fil rouge che univa tutto. Tutto l’album è stato creato di notte, di giorno mi limitavo a fare lavori di editing, correzioni e ascolti, roba di ufficio in un certo senso, ma tutta la parte creativa è avvenuta di notte. Onironauta pt.2 è la traccia che amo di più e di cui sono più fiero, è davvero letteralmente un viaggio, una storia musicata, ha una struttura narrativa e non musicale, un’esplosione finale che si può quasi vedere sotto forma di milioni di colori e luci. Mi sono divertito da matti a scriverla e mi diverto ancora di più a suonarla.

 

 

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