Dario Bracaloni e Guglielmo Torelli hanno appena rilasciato il secondo album, 9 pezzi come immagini di un mosaico che compongono un’intima raffigurazione sonora in chiave pop del nostro tempo, in Teleskop si passa tra groove da black music, ritmi afro-cubani e sfumature tratte dai maestri della colonna sonora all’italiana. Gli Aquarama hanno aggiunto alcuni strumenti rispetto al precedente album “Riva” e “i testi sono più universali e cosmici che in passato, le canzoni riflettono sul mondo in cui viviamo, sulla nostra epoca e soppesano il valore del ricordo”. Insieme all’ascolto ci sono le nostre 5 Questions: fonti d’ispirazione, composizione e qualche informazione in più sull’artwork della cover dell’album.
Cosa significa “fare indie pop” nel 2020 ? Nei confronti di questo disco avete trovato un’accoglienza differente tra il pubblico italiano e quello estero ?
Difficile dirlo, non ci sentiamo musicisti “indie pop”. Se ti riferisci al fatto che la nostra proposta non sia esattamente trendy o hype, ti diciamo che siamo molto convinti del nostro lavoro e del nostro modo di intendere e fare musica. Per quanto riguarda il pubblico dobbiamo risentirci fra un po’ per risponderti, per ora abbiamo suonato “Teleskop” solo all’estero dove ci stiamo divertendo un mondo e di città in città troviamo un pubblico sempre più caloroso che aspetta di sentirci suonare.
Come avete costruito/dato vita a questo album ?
Costruire è il termine giusto perchè la scrittura, la produzione, l’arrangiamento e la registrazione di questo album sono coincisi con la costruzione dei McFarland Recordings, il nostro studio di registrazione, allestito insieme ad Edoardo Fracassi di Fresh Yo! che proprio lí ha curato il master del disco.
Qual’è stata la vostra fonte d’ispirazione ? Quali sono gli artisti che state seguendo di più in questo periodo ?
Le nostre fonti di ispirazioni sono più o meno le stesse: il pop ed il rock di matrice anni ’60 e ’70, sia italiano che estero, la musica afro-americana, i maestri della samba e bossa nova. In particolare nell’ultimo anno abbiamo riscoperto la musica di Ennio Morricone e, in un modo o nell’altro, sui nostri piatti ha spesso girato “All Things Must Pass” di George Harrison.
L’illustrazione e i colori della cover di Teleskop sono veramente ipnotici, racchiudono un significato particolare ? Hanno un legame preciso con le tracce ?
Il titolo del disco si ispira ai concetti di lontananza e di osservazione del mondo a distanza, che simboleggiano il luogo in cui il disco è stato concepito – immerso nella campagna – e molti dei contenuti delle liriche delle canzoni: l’illustrazione, opera di Alessandro Cripsta, vuole indicare una precisa stagione dell’anno, una latitudine ed una direzione verso cui punta lo sguardo dell’osservatore. La palette dei colori scelti rappresenta gli umori del disco, più notturno e cosmico rispetto al suo predecessore che era un inno all’estate ed alla fuga estiva.
Vietnam è la canzone che mi ha colpito di più delle 9 canzoni dell’album, è una boccata d’aria fresca, una canzone che ti porta in un mondo parallelo in cui è sempre estate.