Lorenzo BITW e Danilo Menna da un anno lanciano messaggi dalla città eterna verso il futuro, il loro processo musicale è ritenuto particolarmente interessante anche per le modalità. Nasce dal vivo, poche chiacchiere e tanta sostanza, il loro live alla Triennale di Milano infatti è stato il miglior biglietto da visita anche per chi ancora non sapeva dell’esistenza di Archivio Futuro. Poi un album omonimo via La Tempesta Dischi giusto qualche giorno fa, nelle otto tracce programmazione e drumming analogico s’intrecciano, così come la batteria di Danilo Menna alle produzioni di Lorenzo BITW. Proprio a Danilo, batterista sempre impegnato con altri nomi come Gemitaiz e Venerus, abbiamo chiesto del presente musicale della capitale e di come il duo e i collaboratori hanno intenzione di muoversi nello scacchiere musicale, noi speriamo per loro, internazionale.
Archivio Futuro prima ancora che pubblicare album ha pensato a suonare dal vivo. Spiegatemi le vostre idee quando avete deciso di dare vita a questo progetto… e quelle invece di oggi anche riguardo alle prossime uscite sul palco… sappiamo che ci sono musicisti che ruotano attorno al progetto… avete una band in costruzione?
Danilo: Il progetto è nato da un incontro casuale fra me e Lorenzo ad una serata dove suonava Freddy K, ci siamo riconosciuti e all’inizio c’era solo la voglia di provare a tirare giù un brano insieme… la cosa ci è evidentemente sfuggita di mano (per fortuna)!
Tutta questa spontaneità ha fatto sì che prima di pensarlo come progetto musicale con uscite dedicate, video, album, suonavamo ed iniziavamo a dire alle persone che stava succedendo qualcosa. Questo ha evidentemente destato dell’interesse ed ecco lì che ci siamo esibiti alla Triennale di Milano, momento fondamentale per “chiudere” tutta quella musica e per pensare di farla uscire. Date le mie esperienze passate e le cose che mi influenzano, sono molto fan del testare prima le cose live, farle girare e poi solo dopo registrare, una modalità che vedo sempre più rara e che si rifà molto al concetto di band. Per ora per quanto riguarda il live abbiamo portato sempre con noi Vittorio Gervasi al sax, ma abbiamo anche coinvolto, in determinati live, cantanti, chitarristi e altri musicisti presenti nelle registrazioni del disco. È una delle cose che sicuramente terremo vive perché la condivisione di idee è l’unica che crea musica interessante, ma non vi nascondiamo che stiamo lavorando per rendere il live una vera e propria esperienza, sarebbe bello iniziare a collaborare con qualcuno che fa visual live..
Non credo ci sarà una band in costruzione finché non ci saranno i fondi necessari per far sì che questo avvenga, pensiamo inoltre che le cose arrivino da sole e non vorremmo forzare troppo la mano. Per ora siamo solo molto aperti a collaborazioni soprattutto in studio.
Le definizioni attorno al vostro suono si sono sprecate, più è difficile inquadrarlo e solitamente più le persone si sforzano di volerlo recintare entro certi canoni. I suoni di Archivio Futuro come nascono e come vogliono crescere?
Di sicuro lavoriamo molto divertendoci e molto spesso creiamo i nostri sample. C’è un aneddoto divertente: su “Deserto Giallo” c’è un suono molto metallico che abbiamo creato percuotendo un leggio con dei tamburini sopra con delle aste di metallo (tanto che lo abbiamo rotto) ma il suono che volevamo era quello e così è andata! Di sicuro l’album ha un’evoluzione particolare date le mille influenze che abbiamo, vogliamo sperimentare mantenendo la linea della forma canzone fruibile, senza andare mai troppo sull’”intellettuale” o “concettuale”. Credo che la crescita per ogni artista sia determinata dai momenti che passa, sono sicuro che se saremo bravi ad ogni uscita si rifletterà ciò che ci piace di più in quel momento. Ad esempio, ora siamo allineati molto su una concezione più elettronica di sound, vedremo dove ci porterà.
L’elettronica di Lorenzo BITW è a nostro parere il sottile filo conduttore nell’album a cui si accompagnano le doti di Danilo Menna o il sax di Vittorio Gervasi. Quanto margine c’è per essere ancora più vicini alle sonorità nu jazz tanto apprezzate al momento e quanto invece guardate ad aumentare la sperimentazione soprattutto elettronica. Noi ad esempio abbiamo apprezzato tantissimo episodi dell’album come PRELUDIO
Innanzitutto vi ringrazio perché “Preludio” è un brano che ho scritto da solo in sala e a cui sono molto legato anche emotivamente. Volevo far sì che ci potesse essere un momento “disteso” che riflettesse quello che vedo nei film di Lynch: un’intro che ti dice “ok stiamo per entrare in un sogno, lasciati andare”… la batteria suona da lontano e arriva sempre più vicina a svegliarti, il sound è per certi versi “misterioso”. È stata un po’ una sfida in un momento in cui la soglia dell’attenzione nell’ascolto musicale è molto bassa.
Sicuramente sia io che Lorenzo in modi diversi siamo patiti d’elettronica, io più techno e lui più percussiva. Tutto questo si unisce sempre bene anche nei brani più suonati, siamo tutti e due molto patiti del ritmo e penso che sia la componente vincente del progetto.
Come accennavo prima, penso che la componente nu-jazz o come vogliamo definirla abbia fatto il suo tempo per il progetto, mentre la sperimentazione elettronica è a un livello che ancora mi va di esplorare, credo che diventerà il nostro main focus.
C’è una scena o nomi di riferimento a cui siete legati da una passione comune? Tra questi riuscite a sganciarci qualche prezioso consiglio per l’ascolto?
Sicuramente all’inizio i Massive Attack sono stati una grande reference anche se poi non abbiamo cavalcato l’onda così come volevamo. Passione in comune è sicuramente tutta la scena inglese, per Lorenzo magari più elettronica, per me anche quella più rock dai Porcupine Tree al trip hop, mi sembra che qualunque cosa esca da lì abbia classe e personalità, persino il pop, quindi perché non provare a prendere quell’attitudine?
Per gli ascolti ci piace qualunque artista che voglia comunicare con il pubblico quindi tendiamo sempre ad ascoltare musica che abbia un significato anche nascosto ma che ci sia. Ultimamente ho riscoperto la passione per David Sylvian, Miles Davis, Edgar Varese, tutti stili diversi ma persone che sperimentano e creano mood ben precisi, un’altra componente fondamentale per l’ispirazione che ci muove a comporre nuova musica.
È quasi passato un anno dal live alla Triennale di Milano, quello che forse vi ha svelato più di tutti e magari convinto a fare di AF qualcosa di concreto nei vostri progetti musicali. Come si presenta il futuro musicale invece nella capitale? Criticità e pregi di una scena che sta un po’ schiacciata a livello mediatico tra quella napoletana e milanese. Tu che sei uno dei più attivi e più accreditati a parlarne, cosa pensi di quello che succede a Roma con la musica e qual è il tuo punto di vista?
Il futuro musicale della capitale è sicuramente un tasto difficile. Roma è una città complessa, escono molti prodotti che a livello nazionale magari funzionano ma fanno capo a quel giro indie che a me non riesce proprio a piacere, ci vedo molta approssimazione e moda senza voler fare la moda, non è coerente e non mi ispira. Al contrario abbiamo una scena di musicisti ma anche dj e persone che sperimentano molto ampia, sicuramente le infrastrutture e la richiesta non fanno sì che queste persone riescano del tutto ad “emergere”, ma da una parte è bene che le cose belle rimangano underground, per me ha un grande fascino e determina la settorialità dell’ascolto. Persone che stimiamo e che sicuramente hanno un valore che potrebbe funzionare anche all’estero e che soprattutto organizzano o partecipano ad eventi validi qui sono RBSN, Fivequestionmarks, Mondocane, Marco Bonini.