NIGHT MOVIE – PRESENZA E LA SUA NOTTATA

by Luca Carini

Adele Sperati dal Film “La Nottata” di Tonino Cervi (1974)

Mi presento: sono Luca “Presence” Carini, bassista dei 291out; ringrazio il compagno “cinematico” Billy Bogus per aver preso parte a questa super rubrica dall’emblematico titolo Night Movie! Lietissimo, quindi, di dare il mio piccolo contributo con questa sorta di recensione.

Succede che l’altra notte incappo in “La Nottata” del 1974, di Tonino Cervi, su Cine 34: una sorta di “Tutto in una Notte” all’italiana in cui questa sventola Sara Sperati – al secolo Adele Sperati, ragazza copertina per diversi numeri di Playmen, che ci lascerà alquanto giovane per overdose di eroina non prima di aver militato negli Eighties come cantante del gruppo heavy metal Fingernails (due album all’attivo: “Heavy Night” e “Patto d’Acciaio”) – raggiunge Milano per assistere al concerto di… Fabio Pignatelli (?!?), bassista degli Oliver (divenuti poi Goblin nell’autunno dello stesso anno), il cui volto campeggia su una considerevole quantità di manifesti appiccicati su qualsiasi possibile superficie durante tutte le scene in cui la Sperati cammina in esterna.

Adele Sperati

 

Dopodiché l’incontro con la co-protagonista Susanna Javicoli nel cesso del locale dove si sta svolgendo il concerto: e indovinate chi se la sta suonando nell’unica fugace inquadratura dedicata allo stage? I Goblin (Fabio Pignatelli, Massimo Morante, Claudio Simonetti e Carlo Bordini), la formazione embrionale che un anno dopo entrerà in studio per musicare “Profondo Rosso”, intenti ora a suonare “My Litte Cloud Land” (brano inserito nel disco “Cherry Five”).
Cosa ci fanno i Goblin nel film di Cervi? Mio personale collegamento sta nel fatto che lo score del film è di Vince Tempera, in quel periodo di casa presso la Cinevox, e non escludo affatto che i Goblin già nel ’74 fossero all’interno della scuderia dei turnisti di tal casa, con cui poi esordiranno dì lì a breve per il film di Argento.
Se si ascolta poi attentamente la soundtrack si può tranquillamente ipotizzare che gli stessi Goblin siano impiegati come turnisti: il suono dei singoli strumenti – e soprattutto, lo avverto da bassista, quello di Pignatelli – sono perfettamente evidenti nel mood del sound scritto da Tempera che in molte delle sue partiture per il cinema ricorrerà a loro.

Goblin

 

Il film anticipa di qualche anno le tematiche di “Avere Vent’anni” di Fernando Di Leo, con un finale decisamente più edulcorato e soft, ed è girato con estrema cura e raffinatezza, senza mai concedersi alla volgarità, nonostante nudi integrali “full frontal”.
Nella lunga notte del titolo si avvicendano una carrellata di personaggi ben noti del cinema di quel periodo: da Giorgio Albertazzi “travestito” a Claudio Cassinelli in versione “omosex”, da Martine Brochard a Giancarlo Prete nei panni di un tassista siculo che scarrozza le due protagoniste in giro per Milano; il pretesto iniziale sarebbe quello di rintracciare un ricettatore per piazzare un costoso anello che le due avevano sottratto ad una ricca signora nel locale in cui si erano incontrate poco prima.
In questo girovagare finiscono a casa della Brochard e Cassinelli che vivono in una di quelle dimore che mai riusciremo a vedere qui a Milano (chessò, avete presente la villa in cui si dice ci siano i fenicotteri dietro Palestro oppure quella degli Einaudi in via Arco?), con tanto di salone con piscina e tavolino sul lato apparecchiato con bottiglia di Champagne Magnum, interni art déco e pareti tappezzate di opere d’arte contemporanea.

La scena che si svolge nel cesso (che in questo film pare essere uno degli ambienti più gettonati) è quanto di più “arty” si possa immaginare: con le due protagoniste seminude, dal trucco avant-garde, modello “Osanna” ma sul bianco e nero, che fa pendant con le diverse opere sullo sfondo di Lucio Fontana del periodo spaziale (avete presente le “attese” dai tagli neri su tela bianca?). Sublime! Perché alla fine questi momenti sono la vera forza di un film che altrimenti non avrebbe alcun senso di esistere.
Poi c’è questa dimensione libertaria del sesso, con tutti che vanno con tutti, e delle due protagoniste emancipatissime, probabilmente bisex (soprattutto la Sperati che pare, in più occasioni, volerne dalla Javicoli) e bonissime (soprattutto la Sperati con un taglio settantissimo e questo viso da fumetto di Pichard) che riempiono con le loro grazie – e meno male – tutte le inquadrature in cui compaiono (soprattutto la Sperati con indosso una mise disco-space). Insomma si è capito, che forse il motivo per me di questa bizzarra visione notturna era la Sperati stessa… Pace all’anima sua.
Cameo in balera by Raoul Casadei con la sua orchestra ed il suo cazzo di liscio!!!

Locandina del film “La Nottata”

 

 

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