ISTINTO TRIBALE: PRIMITIVE ART

by Francesca Rossi Minelli

Primitive Art,Shelter (Chapter 1), 2020. @latriennaledimilano

Siamo oramai sempre più vicini a queste Vacanze di Natale 2022 e, un’altro anno, si sta concludendo. In vista del nuovo, e si spera migliore, 2023 vorrei ringraziare la piattaforma Beat to Be per aver ospitato la mia rubrica, Diaframma, per tutto questo anno e avermi lasciato libero sfogo alle mie frustrazioni mentali e pippe filosofiche. 

Per questo, l’articolo che segue è dedicato a loro parlandovi di un duo sperimentale, ibrido e performativo: Primitive Art.

Primitive Art è un progetto di musica sperimentale nato nel 2011 dalla collaborazione fra Matteo Pit e Jim C. Nedd, entrambi classe 1991. Il primitivismo cui alludono attraverso il monicker scelto per presentare il loro progetto li ricollega ad un approccio istintivo, tribale e paradossalmente imparentato alle culture del digitale. Il suono proposto, ipnotico e technoide, è indice di un immaginario di confine che flirta con il clubbing e le sue modalità, con le arti visive e con un’identità afro-futurista in divenire, che si alimenta attraverso la continua contrapposizione tra elementi apparentemente inconciliabili, siano essi umani, geografici o sonori. Al loro attivo la pubblicazione nel 2013 del LP “Problems” per Hundebiss Records e il ritorno nel 2018 con l’Ep “Crab Suite”, costruito come un viaggio mistico e onirico, tra sonorità ancestrali e ritualità primitive.

Primitive Art,Shelter (Chapter 1), 2020. @latriennaledimilano

Il loro ultimo progetto presentato in Italia è Shelter un dispositivo aperto e in continua mutazione; una piattaforma mobile, multisfaccettata che si muove su più dimensioni e attraverso molteplici linguaggi. Shelter è un insieme denso e complesso di segni in scena per la prima volta negli spazi della Triennale di Milano nel Febbraio 2020 a cura di  Davide Giannella.

L’esordio “Chapter 1” – con un pubblico di circa quattrocento persone – ha sottolineato l’attitudine particolarmente inclusiva dell’istituzione milanese, dando visibilità anche a quelle comunità artistiche e culturali (e agli sguardi sperimentali di cui sono generatrici) solitamente assenti nei circuiti istituzionali.

Shelter è costituito da una palafitta in metallo di dodici metri quadri dalla struttura essenziale come in un disegno infantile. Il suo scheletro è permeabile al passaggio e sospeso da terra con degli elevatori meccanici. Per Primitive Art Shelter è lo spazio di un nuovo progetto aperto a contributi esterni e orientato verso alcuni dei temi cardine per la band: l’isolamento, come rifugio ed escapismo; il desiderio irrisolto, che cala il predatore nella trappola; la nostalgia di casa, di un altrove impossibile da mettere a fuoco o dimenticare; il senso di un pericolo esterno e di uno domestico, che abita in noi. Shelter sarà così, al tempo stesso, sintesi architettonica e piattaforma di espressione di tutte queste tematiche già affrontate nell’album di esordio dei Primitive Art Problems (2013) e Crab Suite (2018). Shelter ha ospitato al suo interno il primo capitolo di questa ricerca condivisa: una performance musicale di 40 minuti che racconta, attraverso il suono e la luce, quello spazio dai confini indefiniti nei suoi diversi ruoli. Il pubblico era disposto attorno alla struttura, assistendo, in una sorta di arena, allo scontro tra visioni differenti.

Primitive Art,Shelter (Chapter 1), 2020. @latriennaledimilano

Il duo ha sempre ragionato su quanto l’insieme dei luoghi che hanno attraversato li ha modellati, contaminato e dominano alcune delle loro ossessioni. Con Shelter il processo è stato inverso, volevano un luogo senza tradizioni, uno scrigno che potesse contenere l’anima e le narrazioni di Primitive Art nel presente; una dimensione che potesse essere dominata e gradualmente mutare con lo sviluppo del racconto iniziato, capitolo dopo capitolo.

Shelter appare così un luogo affascinante ma allo stesso tempo tormentato, una dualità di sensazioni date dalla forma che può sembrare una cassetta disegnata da un bambino oppure una trappola spesa come una palatina, determinando quindi l’esistenza di un pericolo con cui continuare a convivere. Tutto il lavoro si basa quindi su una tensione tra interno ed esterno, una tensione maggiormente esaltata grazie al suono e alle luci che modellano e si muovo all’interno della struttura. Anche il pubblico, disposo a cerchio era parte di una performance coreutica inconsapevole: un’immagine vivente. 

SHELTER STRUCTURE, Primitive Art@ Flash-Art-00

Questo è quello che succede quando discipline diverse si uniscono, si contaminano e danno vita a nuove e incredibili azioni esperienziali! Ecco QUI il link per ascoltare le sperimentazioni di questo duo incredibile!

 

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