
@theartgourgous
A seguito delle giornate d’autunno organizzate dal FAI (Fondo ambiente italiano), appena terminate, ho ragionato su alcuni aspetti che vorrei condividere con voi, su quella che è un’istituzione famosa e conosciuta culturalmente in tutta Italia.
Dal 1993 ad oggi, ogni anno, in prossimità delle giornate del FAI, tutti i canali di comunicazioni diventano colmi di toni trionfali e sensualmente accattivanti per celebrare il merito di questa organizzazione, ovvero quello di aprire le porte di moltissimi beni culturali normalmente chiusi al pubblico.
Una missione culturalmente e socialmente lodevole, considerando il fatto che il FAI investe ingenti fondi per il recupero di beni storici.
Fino ad oggi sono infatti 70 i luoghi salvati, 54 i beni monumentali e naturalistici regolarmente aperti al pubblico, 16 i beni in restauro e 72.000 mq di edifici storici tutelati. Per un totale di oltre 138 milioni di euro raccolti e investiti in restauri al servizio della collettività.
Numeri e mission assolutamente impeccabili, eppure, ogni volta che mi presento alla giornate del FAI mi sento imbalsamata in una cultura e in un meccanismo bloccato ad una visione arcaica.
Tutti si sono sempre pronunciati in maniera favorevole e solo che positiva nei confronti del FAI, in primis i ministri. Nel 2014, l’allora neoministro Dario Franceschini dichiarava che le Giornate Fai di Primavera “permettono ai cittadini di godere di uno straordinario patrimonio culturale altrimenti celato e ci insegnano a essere italiani”, e che “grazie all’opera di migliaia di volontari, nel prossimo fine settimana oltre 750 luoghi in tutta Italia normalmente inaccessibili saranno aperti e visitabili”.
Tutto molto bello, e ripeto decisamente lodevole, soprattutto per il fatto che il FAI è riuscito a far avvicinare il popolo italiano (molto ignorante e superficiale) alla cultura e all’arte del nostro territorio, ma…Il meccanismo e il circuito con cui il FAI lavora è scalabile al modello di vita che no, oggi adottiamo?
Io trovo che il FAI sia radicalmente fuori tempo e fuori luogo, dove l’elitarismo e le vecchie generazioni tengono ancora le redini senza nessuna apertura innovativa.
Ora vi racconto la mia recente esperienza e il perchè sono sempre più certa delle mie convenzioni.

Palazzo Ducale Parma, giornate del FAI
Domenica 16/10 decido, in compagnia del mio ragazzo, di andare a visitare il Palazzo Ducale di Parma (attualmente sedei dei RIS). È sempre un luogo estremamente ambito da parmigiani (e non solo) e ci sono sempre ore kilometriche di fila.
La visita, senza prenotazione (già prima grande pecca, decisione inspiegabile visto i bilanci oggettivi degli scorsi anni e del numero esagerato di visitatori) iniziava alle ore 14.30, così decido, vista la mia esperienza degli anni precedenti, di recarmi alle ore 14.00.
Davanti al palazzo c’era già molta coda, secondo me eravamo circa 50 persone ad attendere.
Si fanno le 14.30 e la fila era decisamente aumentata, io dire più di 200 persone che come soldatini ammiravano dall’esterno quel grande portone circondato da carabinieri in divisa, che si sarebbero dovuti preparare per gestire i flussi di persone.
Alle ore 14.35 si presenta una signora, di bella presenza, poco meno di 60 anni che chiede scusa per il ritardo e dici a tutta la folla che saremmo dovuti indietreggiare di circa 10mt perchè bisognava, prima di entrare, effettuare una registrazione.
Siamo in Italia e credo che sia quasi scontato se dico che far indietreggiare 200 persone significa litigate ed insulti per chi cerca di saltare la fila, rubare posti, insinuazioni pesanti e chi più ne ha più ne metta.
Finito questo “show napoletano”, la signora di bella presenza, con l’aiuto di giovani-ssimi volontari, si siede comodamente al tavolino e (rullo di tamburi) trascrive su dei fogli di carta i dati di OGNI PERSONA presente nella fila, presi dalla Carta d’identità.
Secondo voi, organizzatori del FAI, che senso ha sprecare 40 minuti di tempo per trascrivere (velocemente, male e con mille sicuramente errori) i dati di tutte le 200 persone presenti nella fila?!
Ci sono mille persone che studiano, fanno sacrifici e sognerebbero di lavorare per cercare di portare le nuove tecnologie in ambienti culturali e il FAI, così tanto elogiato può essere ancora così arcaico e preistorico a livello di organizzazione?
Per non parlare dei volontari e tutti quei giovani studenti liceali“apprendisti ciceroni”, molti probabilmente obbligati ed essere lì. Basta con questo volontariato smisurato, il volontariato si fa per delle buone cause e in questo periodo storico avremmo anche un’ampissima scelta di luoghi dove portelo fare, ma qui mi sembra veramente una presa in giro.

@theartgourgous
Insomma, trovo che il FAI sia, come la gran parte delle istituzioni culturali italiane, vecchio, con una mentalità oramai passata, poco attuale e poco favorevole all’inserimento di giovani che realmente sono interessati alle tematiche, che fanno grandissimi sacrifici, che studiano e che potrebbero dare una svolta ed un valore aggiunto a questa istituzione. Il FAI sembra dunque, ai miei occhi, una realtà contrastata da molta precarietà e che incentiva un’interesse culturale sporadico, immediato e secondo tempistiche da loro dettate.
E voi cosa ne pensi?