“Ogni volta che una musica ci tocca, o un’opera d’arte ci colpisce o un paesaggio naturale ci impressiona, il piacere che ne deriva è dovuto all’aver nominato, o meglio riconosciuto, un’emozione che era già dentro di noi, in potenza, latente e che aspettava solo di essere resa cosciente.”
– Marcel Proust –

© Jonathan Blair, Saint Petersburg, Florida, 1973. (National Geographic)
Con questa citazione, a mio parere molto potente, oggi con voi vorrei aprire una parentesi riflessiva sul come la cultura riesca a far si che ognuno di noi possa esprimere se stesso; ma soprattutto di come l’arte sia stata utilizzata (e lo sia tutt’oggi) per creare innovazione sociale impattante.
Quando uso il termine “innovazione sociale”, che sembra andare un pò di moda ultimamente, io lo intendo come una relazione che vuole e deve emanciparsi attraverso l’aiuto delle forme artistiche. L’arte, a mio avviso, permette di far emergere i problemi, tracciarli e, conseguentemente, incontrare i bisogni sociali, rendendo le persone il cuore centrale delle iniziative e delle pratiche.
Questo discorso sembra abbastanza contemporaneo ma in realtà ci sono studi di oltre 50 anni, ad esempio quello della sociologa Jane Jacobs.
Nel 1961 Jane sviluppò il concetto per il quale l’aspetto spaziale fosse connesso all’aspetto creativo.
Secondo la sociologa infatti le città hanno una capacità intrinseca di attivarsi e di essere luoghi vitali dove possano nascere iniziative creative volte a scuotere e risvegliare le persone che vi risiedono. Nasce così il concetto di Città creativa, ne avete mai sentito parlare?
Il concetto è molto semplice, la città inizia a diventare luogo dinamico e produttivo dove le realtà etniche, sociali ed economiche unite insieme possano creare inclusione e innovazione. Tutte le forze diventano quindi motore stesso di sviluppo.
Questa teoria porta con sé un concetto molto poetico che purtroppo ancora si va fatica a concepite: la diversità intensa in termini spaziali, economici, culturali società etc… è la chiave della creatività urbana, semaforo verde per una florida cultura e attività sociale.

Cai Guo-Qiang: Falling Back to Earth
Gallery of Modern Art, Brisbane
installation view
I luoghi che viviamo sono personificazione delle nostre identità. I limiti e le risorse che la nostra società ha diventano lo specchio riflesso dei nostri luoghi sociali.
Per questo la creatività e tutte le forme artistiche ricoprono il ruolo di amplificatore sociale; ovvero permettono uno sviluppo territoriale, creando un sistema sostenibile e che si autoalimenta.
Vi sono addirittura esempi di interi quartieri che dimostrano come lo sviluppo di attività culturali insieme agli ingenti investimenti fatti nelle arti hanno potuto stabili il collegamento strategico tra qualità culturale a qualità della vita.
Da queste ricerche sono nati dei modelli chiamati distretti culturali.
La cultura diventa qui non solo fonte di sviluppo e profitto, bensì parte integrante di una nuova “catena di valori” post-industriale.

via @thesassyducks instagram
Anche Fondazione Cariplo nel 2004 ha indetto dei progetti, che ogni anno sostieni, inclusi sotto l’etichetti da “Distretti culturali”; per promuovere la valorizzazione del patrimonio culturale in una logica di sviluppo del territorio.
Il distretto culturale è un territorio in cui sono presenti numerosi beni culturali e ambientali, servizi e attività produttive in sinergia tra loro. Visione di lungo periodo, investimento sul capitale umano, integrazione tra filiere produttive e settore culturale, innovazione dei servizi e delle metodologie e sostenibilità delle azioni proposte rappresentano le principali sfide del progetto, unico in Italia per durata e dimensioni.
Addirittura la Fondazione insieme a Regione Lombardia e Unoncamere Lombardia, ha siglato un accordo di collaborazione volto alla progettazione e alla realizzazione, nel territorio lombardo, di Piani Integrati della Cultura (PIC).
I PIC sono finalizzati ad attuare, sia su scala territoriale che su tematiche prioritarie, interventi integrati e sinergici sul patrimonio e sulla produzione culturale che promuovano processi di valorizzazione, consolidandone il legame con lo sviluppo economico e l’attrattività turistica.
Per ora i distretti culturali di Fondazione Cariplo sono sei: Valle Camonica, Oltrepò Mantovano, Regge dei Gonzaga, Monza e Brianza, Provincia di Cremona, Valtellina. Luoghi in cui la cultura è viva, perché il coraggio di chi se ne prende cura sa ispirare. In cui vivere la cultura come un destino.

Paul Fuentes
Esistono distretti culturali al Sud?
La Sicilia è tra le prime regioni in Italia a muoversi nella direzione dei distretti culturali, producendo studi e ricerche sull’ipotesi di distrettualizzazione culturale dell’intera regione.
E voi avete mai sentito parlare di distretti culturali? Ne conoscete qualcuno che promuove progetti culturali interessanti?
P.S. Quanto è bella questa photo selection?