Frustrazione.
Conosci questa sensazione? Ti sei mai sentit* frustat* per qualcosa? Per il lavoro magari?
E, magari, questo lavoro è in ambito artistico/culturale?
Beh, se è così non ti preoccupare… in Italia evidentemente la frustrazione per la cultura è pane quotidiano.
Faccio 5 lavori, tutti insieme, perché nessuno mi permette di mantenermi. 4 di questi sono in ambito culturale mentre 1, il più sbrigativo, quello che mi richiede meno energie, appartiene ad un ambito esterno. Ma indovinata? È quello per il quale guadagno di più!
ArtWorkers Italia la scorsa settimana mi ha fatta sentire compresa, capita e frustata come probabilmente lo sono in molti.
ART WORKERS (IN) ITALIA ha presentato, in collaborazione con il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Milano Bicocca, la prima indagine dedicata al lavoro nel campo dell’arte contemporanea a livello nazionale. La ricerca è stata realizzata con ACTA (Associazione dei freelance), mostrando a livello quantitativo e qualitativo le condizioni lavorative degli art workers dal punto di vista sociale, contrattuale e giuridico. YEAH!!!
Ma non solo, hanno anche presentato, con l’aiuto del commercialista Franco Broccardi, una guida per i compensi minimi e con la dott.ssa Alessandra Donati i modelli di contratto per i lavoratori del comparto.
La ricerca è avvenuta su un campione di 440 interviste di nati tra gli anni ’80 e ’90, tra cui il 60,5% erano donne e il 31,5% uomini (l’8% ha preferito non rispondere). Su tutti loro l’81e ripeto, l’81% è costretto a svolgere più lavori!
Questo significa che in Italia il lavoro nella cultura NON è riconosciuto o meglio, non se ne dà il giusto peso e valore.
Ma non finisce qui, il dato forse più agghiacciante è che, di tutti gli art workers che svolgono più lavori contemporaneamente, il 75,6% è costretto a farlo perché il lavoro nell’arte contemporanea non gli permette di mantenersi.
Parliamo addirittura di redditi inferiori ai 10.000 euro annui per quasi la metà degli intervistati!
Follia dite voi? No. Cruda e vera realtà.
10.000euro annui significa poco più di 800euro al mese e, se pensiamo che la maggior parte degli intervistati vive principalmente nelle grandi città (dove il costo della vita è decisamente alto), ci si rende conto che questo meccanismo è insostenibile.
Per non parlare delle ore di lavoro! Lavorare nel mondo dell’arte significa lavorare tutto il giorno, fare networking, fare PR, trovare compromessi, mediare, mantenere vivi gli stimoli e la creatività. Quante ora lavoriamo noi art workers? Quasi il 60% degli intervistati lavora più di 40 ore settimanali, seppure la legge citi, come durata massima settimanale dell’orario lavorativo, 48 ore. Di quesi il 15,2% arriva a superare le 60 ore settimanali. 60 ore, spalmate su 5 giorni significa 12 ore al giorno. É sostenibilità questa condizione di vita? Possiamo ancora parlare di cultura?
Non entro nei dettagli delle modalità contrattuali, o meglio della deregolamentazione del lavoro in questo settore, così come il mancato riconoscimento a livello legale di un salario minimo, prima di entrare in un discorso che non è di mia competenza, ma vi invito vivamente a leggere sul loro sito questi dati!
Sembra assurdo, ma forse è anche colpa nostra… nessun* si è mai fatto sentire, nessun* si è mai lamentat*, io stessa per certi lavori non riesco nemmeno a chiedere una retribuzione, sentendomi sprofondare dai sensi di colpa ma…
Progettare cultura, produrre opere d’arte, curare progetti non significa fare volontariato. Servono anni di studi, grande interesse, un’estrema empatia verso l’altro, creatività, visioni imprenditoriali, conoscenze economiche, grandi capacità di scrittura, di sintesi, avere un pensiero critico forte, una gusto estetico, capacità comunicative e amministrative. Insomma… chi più né ha più ne metta.
In un paese come l’Italia, la nazione per eccellenza dal punto di vista delle arti, un museo a cielo aperto, non riesce ad attuare delle politiche che possano rendere il lavoro che sostiene tutto questo, sostenibile?
Ricordo che un paese dove la cultura non riesce a mantenersi è un paese morto. È questo quello che vogliamo essere?
Vi lascio il link dell’associazione che ha sviluppato questa ricerca e lascio che ognuno di voi rifletta su questa condizione e che si faccia una propria opinione in merito.
Forse uniti riusciremo a dare una svolta a questa ingiustificabile e precaria condizione.
Grazie Art Workers italia!
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Il primo di una serie di incontri di AWI – IRL che ha avuto luogo nella corte nel ventre di Napoli @la_catastrofe_sb
ART WORKERS ITALIA è la prima associazione, autonoma e apartitica, nata con l’obiettivo di dare voce allз lavoratorз dell’arte contemporanea in Italia. Nata nel 2020 dallo sforzo di immaginazione politica di un gruppo di lavoratorз, AWI è un’associazione che collabora con espertз del settore legale, fiscale e amministrativo, enti di ricerca e università, istituzioni dell’arte e della cultura per costruire strumenti di tipo etico, contrattuale e giuridico a tutela dellз art workers.