5 QUESTIONS – TIGER! SHIT! TIGER! TIGER!

by ● FEDE ●

 

Spizza l’intervista ai Tiger! Shit! Tiger! Tiger! realizzata sabato scorso in occasione del MiC Festival. Chitarra, basso e batteria nella migliore tradizione grunge-punk USA, anche questa volta la band di Foligno conferma di essere una delle migliori band dal vivo sul genere in questione. Nell’intervista qualche spunto di riflessione sul processo di maturazione raggiunto dal gruppo in dieci anni di live e su un album come “Corners” che li ha resi celebri anche all’estero.

 


Siete tra le poche band italiane che negli anni sono riuscite ad esportare il rock n roll nelle nazioni da cui storicamente è stato importato. Come ci si sente a veder riconosciuto il proprio lavoro da un pubblico così esigente come quello americano?

La prima volta che abbiamo messo piede negli States ci siamo detti “cavolo ragazzi godiamoci ogni singolo momento perché sarà un’esperienza unica”. Poi di quei momenti ne sono succeduti molti e per noi è stato come trovare una casa per la nostra musica. Ecco…oltre al provare un’enorme soddisfazione quando suoniamo in America, abbiamo la sensazione che quello che abbiamo registrato in studio trovi la sua vera dimensione tra le tavole di quei palchi. E ci fa star bene.

Calcando i palchi del belpaese da quasi 10 anni avete vissuto in pieno la trasformazione del mercato discografico nostrano. Com’è cambiato il vostro rapporto con la scena italiana? Cosa ne pensate delle classifiche di oggi?

Si, in effetti in dieci anni di cose ne sono cambiate un bel pò…Abbiamo scoperto le potenzialità della nostra lingua applicata all’indie…ai concerti si cantano a squarciagola le canzoni della band preferita anziché ascoltarle in silenzio con i pugni in tasca…il “punk” si è fatto “bello”…Di fronte a tutto ciò il nostro rapporto con la scena italiana è rimasto sempre lo stesso, quando era il momento di cambiare qualcosa abbiamo deciso di farlo rimanendo noi stessi e portare avanti il nostro percorso artistico. Le classifiche di oggi ci piacciono, anche se per trarre ispirazione guardiamo sempre più spesso al passato.

Immaginate di avere davanti a voi i T!S!T!T! di Be Your Own Shit. Oggi, da musicisti navigati, che consiglio vi dareste?

I T!S!T!T! Di be yr own shit erano acidi, arrabbiati, incoscienti, un pò randagi, istintivi, rozzi e in continua esplorazione di se stessi. Con il tempo abbiamo acquisito una linea più meditativa, per quanto riguarda la ricerca del suono e della cura dei testi. Ci troviamo spesso a riflettere su noi stessi e il consiglio che ci diamo oggi, come in passato, è di non perdere mai il contatto con quello che eravamo ai tempi di Beyr own shit, sebbene con una maturità e un bagaglio di esperienze decisamente più ampio.

Corners è un album che vi sta portato risultati e riconoscimenti da ogni parte del mondo. Cosa rappresenta per voi e per la vostra carriera?

Corners rappresenta il punto di equilibrio tra la prima parte della nostra produzione e Forever Young, un album – questo – molto eterogeneo, ma dal quale abbiamo imparato molto per capire cosa avremmo voluto essere in futuro. Corners lo amiamo particolarmente perché forse ha quella maturità che cercavamo, ma non sappiamo se rappresenterà un punto di partenza per lavori futuri…ci piace sempre cambiare.

Cosa vi aspetta dietro l’angolo? Come vi vedete nel futuro?

Per ora quello che ci aspetta è il trasloco dalla vecchia alla nuova sala prove e questo ci fa sperare bene per il futuro perché ad ogni nostro nuovo lavoro corrisponde una nuova sala prove. Come progetti a breve termine ci piacerebbe continuare a suonare per altro pò Corners e parallelamente metter mano a roba nuova, ma questa volta anziché a un vero e proprio album stiamo pensando ad un Ep, qualcosa di più immediato e che ci serva a capire quale direzione prendere per il futuro.

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